Fabio Rocca
Nient'altro che colore... di Maurizio Biagi
Aggiornamento: 19 giu 2021

Maurizio Biagi è un'artista multidisciplinare fiorentino, l'urgenza di creare bussa alla sua porta fin dall'inizio degli anni '70.
Inizialmente si diletta con la ceramica, finché non approda nella pittura con la nascita del Gruppo Pittori Imprunetani, in seguito il gruppo Art Art di cui oggi è consigliere, e che lo vedrà sin dall'inizio tra i suoi protagonisti. È degli stessi anni l'incontro con Gianfranco Mello:
"Di estrazione ben diversa dalla mia" racconta Maurizio. "Era figlio d'arte, il padre era stato un importante scenografo teatrale, e lui aveva già esposto anche negli Stati Uniti, mentre io ero agli esordi e venivo da una famiglia contadina. Ma anche in questo caso, come fossimo stati ragazzi, nessuno dei due sembrò accorgersene. Si interessò ai miei lavori. Apprezzava, diceva, il mio spiccato senso del colore. Lavorammo insieme, andavamo a dipingere en plein air. Ho imparato tantissimo da lui, e non solo sul piano strettamente pittorico, ma anche su quello umano e filosofico. Finché mi raccomandò di camminare con le mie gambe e seguire la mia strada".


Questa strada conduce Maurizio a una serie di partecipazioni a esposizioni in compagnia di alcuni dei nomi più attivi e celebri a cavallo tra anni '80 e '90.
Il 1990 sarà forse l'anno d'oro per Maurizio: parteciperà alla mostra di affreschi su cotto nella Sala d'Armi Buondelmonti all'Impruneta, e alla 17^ Rassegna sestese di pittori grafici scultori. Esporrà insieme con artisti quali Silvio Loffredo, Enzo Faraoni, Gualtiero Nativi, Vinicio Berti, Sergio Scatizzi.

Allo scadere del millennio Maurizio Biagi attraverserà un momento di crisi artistica. "Dal 2000 al 2010 ho prodotto poco, e pensato tanto.
Una ricerca, dunque, preparata da anni con cura, riflessioni e continui ripensamenti, ma iniziata realmente intorno al 2012, e che prosegue tuttora. In modo del tutto naturale, quasi come in una dissolvenza incrociata, lo stile di Maurizio è approdato all'informale. Lo spiccato senso del colore di cui parlava Mello, oltre a una continua e autentica meditazione sul pigmento, ha originato le sue opere monocrome. "Sul cotto è possibile fissare il pigmento puro, senza bisogno di collanti. Ci pensi? Pigmento, nient'altro che pigmento. Colore, nient'altro che colore."

Perché la pittura di Maurizio Biagi non nasconde le metafore dell'esistenza, le piaghe del vivere, l'acuto grido della carne: il ritmo del suo canto e il colore che si dispone nell'esatta e cangiante metamorfosi di quel presente l'accende e lo placa nell'intrecci d'un movimento così fisso e mosso al contempo da non tradire mai il fondo della sua espressione. Quel fascio di ginestre, nell'improbabile e pallido cobalto del cielo, nasce da un groviglio di radici naufragate nello spazio profondo e senza nome che rimanda, per opposizione, nell'immobile presenza dell'astro teso a racchiudere le avvolte penombre della natura, una natura della mente e dei sensi.

ATTULAMENTE IN ESPOSIZIONE PRESSO LA ROCCART GALLERY DI FIRENZE IN OCCASIONE DELLA MOSTRA COLLETTIVA "SENSAZIONE DEL COLORE"