Una ricerca, dunque, preparata da anni con cura, riflessioni e continui ripensamenti, ma iniziata realmente intorno al 2012, e che prosegue tuttora. In modo del tutto naturale, quasi come in una dissolvenza incrociata, lo stile di Maurizio è approdato all'informale. Lo spiccato senso del colore di cui parlava Mello, oltre a una continua e autentica meditazione sul pigmento, ha originato le sue opere monocrome. "Sul cotto è possibile fissare il pigmento puro, senza bisogno di solventi. Ci pensi? Pigmento, nient'altro che pigmento. Colore, nient'altro che colore."
Maurizio Biagi è un'artista multidisciplinare fiorentino, l'urgenza di creare bussa alla sua porta fin dall'inizio degli anni '70.
Inizialmente si diletta con la ceramica, finché non approda nella pittura con la nascita del Gruppo Pittori Imprunetani, in seguito il gruppo Art Art di cui oggi è consigliere, e che lo vedrà sin dall'inizio tra i suoi protagonisti. È degli stessi anni l'incontro con Gianfranco Mello:
"Di estrazione ben diversa dalla mia" racconta Maurizio. "Era figlio d'arte, il padre era stato un importante scenografo teatrale, e lui aveva già esposto anche negli Stati Uniti, mentre io ero agli esordi e venivo da una famiglia contadina. Ma anche in questo caso, come fossimo stati ragazzi, nessuno dei due sembrò accorgersene. Si interessò ai miei lavori. Apprezzava, diceva, il mio spiccato senso del colore. Lavorammo insieme, andavamo a dipingere en plein air. Ho imparato tantissimo da lui, e non solo sul piano strettamente pittorico, ma anche su quello umano e filosofico. Finché mi raccomandò di camminare con le mie gambe e seguire la mia strada".
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